Quando le lettere fanno la differenza, gente bi-utiful. L'abbiamo pensato ieri, mentre eravamo impegnate a bighellonare per la città, alla ricerca di una ispirazione. E, vi diremo, ci è sembrato che l'idea per questo post ci saltasse addosso con forza bruta. Sfrega gli occhi una volta, sfregali due; alla fine, non ce l'abbiamo fatta più. Deliberato: occorre, per la salvaguardia delle biellesi, un pezzullo sui famigerati "hot pants", che molte ragazzine - nella nostra morigerata cerchia provincialotta - stanno sfoggiando in piena libertà e totale estraneità ai canoni della ripetutamente schiaffeggiata eleganza.
Hot pants, abbiamo anticipato. Eh sì, proprio loro, i parenti poveri degli shorts. Pantaloncini ancora più micro, sgambati al punto da lasciare in vista sederini e sederoni. E qui, i nostri occhi hanno avuto seria difficoltà nel mettere a fuoco gli oggetti non identificati: i glutei al vento. Non ammiccanti, come erano soliti fare sotto gli shorts, o avvolti, sottovuoto, nei buoni vecchi leggings. No! Glutei scoperti in pieno pomeriggio, nessun segno di sabbia o ombrelloni a far loro da cornice.
Dunque, care biellesi, urge la nostra raccomandazione. Shorts sì, hot pants no. Perché se già gli shorts sono pantaloncini che lasciano a nudo le gambe in tutta la loro lunghezza e vanno trattati con le pinze, gli hot pants non si differenziano da una brasiliana. Ma, e qui speriamo che nessuna ci prenda mai in parola, passeggereste mica in micro-bikini all'Esselunga? E allora per quale biechissima ragione farlo calandosi nelle striminzite stoffe degli hot pants?
Si chiama "il nude da evitare in città". La moda con la M maiuscola l'ha teorizzato da tempo, ma sembra che le alte temperature sciolgano anche lo stile. Invece no, gente bi-utiful, è proprio nel periodo estivo che gli abiti vanno portati con grazia. Le pin-up sono roba vecchia (sbuffiamo tutte assieme, su!).
A dirla tutta, gli hot pants sono una trovata altrettanto stagionata. Se ne parlava ai tempi d'oro di Kylie Minogue o Rihanna, quando furono rilanciati da Balmain e Versace ad esempio. Oggi, in cui tutto ciò che è mignon rima con fashion (e già la rima è pacchiana, notate!), li si riscopre così, in due versioni abominevoli:
a) con i tacchi (l'effetto cubista è garantito);
La pubblicità firmata da Oliviero Toscani |
b) con canotte e top a pancia in vista (il principio dello scoprire una parte e coprire il resto va a farsi benedire, fate ciao ciao!).
Eppure, è il c) che più ci tormenta. Il punto è il seguente: molte ragazze indossano gli hot pants senza considerare lo spettacolo che da essi deriva. I sederini o pomodorini ciliegini di certo non stanno male, ma fanno paninara. I sederoni o mozzarelle di bufala campana si comprimono e allungano effetto spugna, buchi adiposi compresi. In questo caso, fanno panino.
Ohibò, questo spettacolo di ciccia e natiche in libera uscita non risparmia neppure il giro vita. Gli hot pants sacrificati in corpi "mordibi", sembrano provocare: "Panzettina, straborda innocente, non essere da meno!".
Insomma, vi siete chieste se siano veri alleati? No, non lo sono. Sono i vostri nemici numero uno. Lo prova quella pubblicità che nel 1973 ha lanciato Oliviero Toscani, mago della provocazione. Eccola, qui in foto, con protagonisti proprio loro, i micro jeans Jesus Bonn. Fu scandalo il: "Chi mi ama mi segua". Forse diede fastidio più la frase che il capo in sè. E voi, sareste d'accordo con il "chi mi ama mi segua", visto che i pedinamenti, hot pants su, sono garantiti? Pensateci, e al massimo voltatevi con una certa regolarità: chi vi potrebbe seguire, potrebbe anche non piacervi...
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