"Il solito" non vale l'espressione "come al solito". Cari i nostri lettori, lo Zuccherino di oggi ci è stato servito ieri sera (la metafora ha un perché) e noi ve lo riproponiamo sul nostro vassoio d'argento, perché possiate contenere il riso (ma anche la sganasciata bulimica, con più probabilità) nel caso incappaste nel caffeinomane che si atteggia a maschio navigato e soprattutto, un brivido corre lungo la schiena, a cliente affezionato. Perché, è vero, non c'è nulla di male a frequentare assiduamente un locale (trattasi in questo caso di un noto caffè del centro città) -benediciamo voi che frequentate questo blog!- ma niente è più sciatto della sciatteria. Dunque, riepiloghiamo il fatto e facciamo seguire le nostre acidissime quanto fondate considerazioni: il Pavone si siede al tavolino con la compagna, arriva il cameriere per prendere l'ordinazione, si guardano, "Il solito?", "Sì grazie", sorriso sornione di chi lì ha un perché. E la cui presenza vale meno di niente, se -qui ci siamo sganasciate- "il solito" altro non è che due caffè. Ecco la conclusione: tu cliente affezionato, che secondo alcuni teorici sei pure un costo e non un ricavo ma tralasciamo questo aspetto sonnolento, puoi essere tale soltanto se ordinassi almeno una ventina di caffè al giorno; altrimenti, per quelle due innocue tazzine, fregiarti dell'espressione "il solito", che unisce intesa e prestigio, è idiozia. Conclusione: se lo doveste incontrare, nel corso di una delle vostre serate, invogliatelo a usare "come al solito" (sbadiglio in allegato) che più si adatta alle sue abitudini. E, volendo strafare, salvate il cameriere da "azzerbinamento ingiustificato".
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